DI FOLIAGE, CONFINI, HABITAT, TRINCEE, BUNKER E CONCORSI FOTOGRAFICI
Se ne è parlato molto recentemente: la ex Cortina di Ferro è tornata alla ribalta dei media nel trentesimo anniversario della sua “caduta” (veramente a cadere è stato il famoso muro, la cortina forse è stata… squarciata), offrendo qualche spunto di riflessione sul “come eravamo-come siamo-come saremo”.
Ma che c’azzecca con noi guide naturalistiche questa ricorrenza storica e politica?
Lo spiega bene il titolo di un concorso fotografico, lanciato recentemente dal Parco Naturale Prealpi Giulie e Rete Italiana European Green Belt e aperto fino al 15/11, che titola così: “Natura e Guerra Fredda: ambienti in evoluzione lungo la ex Cortina di Ferro” . E si spiega tutto, in poche sentite parole!
Per cinquant’anni, tra la fine della II Guerra Mondiale e il 1990 circa, il mondo intero, volente o nolente, ha visssuto sulla propria pelle, la contrapposizione politica, ideologica e militare tra il blocco occidentale (guidato dagli Stati Uniti) e quello orientale (guidato dall’Unione Sovietica) creatosi dopo la fine della II Guerra Mondiale: il termine “cortina di ferro” nasce dall’ambito giornalistico proprio per descrivere l’atmosfera degli anni in cui una pesante coltre si alzava tra i due schieramenti, impendendo la libera circolazione di pensieri, uomini e merci.
Questo lungo confine militarizzato che ha diviso l’Europa per diversi decenni, ha tagliato Paesi e capitali, senza risparmiare città (come accadde a Gorizia), piazze e neppure le stalle … come tristemente sa chi abita il confine orientale d’Italia.
Ma quei territori, proprio perché toccati dal confine sono stati a lungo inavvicinabili e in-fruibili, prestandosi a diventare formidabili corridoi naturali per diverse specie nel cuore dell’Europa.
Come si sono evoluti? Quali specie ne hanno tratto vantaggio?
Numerosi sono gli studi avviati, alcuni attualmente in corso, per mappare la biodiversità che si è insinuata lungo una nuova “cortina”, ora diventata “verde”.
Se questi ambienti, naturali e allo stesso tempo ricchi di storia, li avete vissuti, “camminati” e fotografati, allora il vostro contributo potrebbe essere importante per testimoniare l’evoluzione di questi lembi di confine, e le vestigie delle postazioni militari e le presenze animali e vegetali che li hanno “adottati” e forse trasformati a proprio uso.
Ma non è tutto, ovviamente: militarizzazione non era solo assenza antropica, ma anzi presenza di fortificazioni, postazioni e bunker, presidiati con continuità fino agli Anni Novanta, per poter “contenere” o contrastare con immediatezza un eventuale sfondamento del confine da parte del blocco comunista. Sulla scorta del Vallo Alpino (nato lungo l’intera linea di confine italiano nel ventennio fascista), sono sorte dunque postazioni nuove e altre ri-adattate, adatte allo scopo, affascinanti nel loro essere così vicine a noi temporalmente e così lontane culturalmente.
Fanta-politica da blockbuster cinematografico?
Purtroppo no, e la presenza di postazioni militari lungo l’intera fascia di confine della nostra Regione dalle Alpi Giulie al Carso, ne sono una testimonianza che non lascia dubbi.
Per molte ormai ridotte a pochi muri sbrecciati, ce ne sono alcune curate e valorizzate per conservare la memoria di ciò che è stata l’Europa fino a pochi anni fa: visitarle, contribuire al loro mantenimento e quindi alla coscienza collettiva, specie di questi tempi, sembra, a noi come guide e come singoli cittadini di questo Nord Est, un obbligo morale.
Per questo motivo, la prossima settimana, abbiamo scelto di proporre un itinerario che unisse la bellezza paesaggistica del Carso isontino in pieno foliage e la visita alle più note trincee risaltenti alla I Guerra Mondiale, alla visita di un meno noto bunker risalente alla Guerra Fredda, curato e valorizzato dai volontari afferenti alla Associazione Nazionale Fanti d’Arresto per un percorso naturalistico-culturale che abbraccia più punti di vista.