Ti odio, uomo con la motosega.
Perché con la tua macchina stavi in mezzo al prato dove qualche fortunata primavera spuntano le pulsatille, dove ho imparato a riconoscere i fringuelli, e dove c’è il mio piccolo tessoro. Che tu hai svelato, messo a nudo e reso fragile.
Ti ho odiato immediatamente, per quei “càrpani” tagliati… perché mi hai apostrofato come un ladro quando sono corsa a controllare la mia vaschetta carsica. Secca. Perché pensi che sarà uguale riempirla con le taniche.
Ma di più ti odio perché mi hai detto che quel posto è tuo.
E lo chiuderai.
Perché tutto è privato: prati, boschi, doline, anche le riserve naturali. E la gente non deve entrare nella proprietà altrui: “miga mi vado a casa dei altri”.
Ti odio perché mi hai messo un tarlo e cerco una logica a questa logica privata.
Volessi camminare in un luogo verde, senza il dubbio di essere ospite sgradito, potrei passeggiare al giardino comunale.
Che sollievo.
Foto di Roberto Valenti