INTERVISTA CON SILVAN FERFOLJA, allevatore di api

Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita.”

Questa frase erroneamente attribuita ad Einstein e comparsa per la prima volta su un volantino distribuito qualche anno fa a Bruxelles dall’Unione Nazionale Apicoltori francesi, racchiude un fondo di verità.

Il ruolo che le api rivestono nel nostro ecosistema è centrale, grazie al loro inestimabile lavoro di impollinazione. Le piante che si riproducono grazie al lavoro degli insetti sono circa il 90% di quelle selvatiche ed il 75% di quelle commestibili. Se le api si estinguessero ne risentirebbe anche il nostro nutrimento quotidiano. 

Ma di quali api stiamo parlando? Non solo di quelle domestiche! Troppo spesso ci si dimentica delle numerose specie di api selvatiche altrettanto minacciate e altrettanto importanti nell’impollinazione. Di solito sono api solitarie, che non producono miele, e non vivono in alveari ma nidificano nel terreno, oppure all’interno di cavità del legno. In tutto il mondo esistono più di 17.000 specie di api selvatiche

Apis mellifera all’opera (FOTO: Elisa Moretti – diritti riservati)

Le minacce per tutti i piccoli impollinatori sono purtroppo legate alle attività dell’uomo, in primis urbanizzazione e agricoltura intensiva. I prati magri e fioriti sono sempre più scarsi, l’uso di concimi chimici, pesticidi e diserbanti sempre più massiccia, la presenza dell’uomo sempre più ingombrante. In questa situazione così critica l’apicoltura si inserisce come attività sostenibile per l’ambiente, fondamentale nella conservazione della biodiversità.

E allora andiamo a conoscerlo, questo mondo ronzante, con un ospite che lo conosce molto bene: l’apicoltore silvan ferfolja.

Ciao Silvano, grazie del tuo tempo!
Ti abbiamo incontrato questo autunno durante una passeggiata ESTPLORE nelle Valli del Natisone e siccome siamo tutti rimasti deliziati dalla chiacchierata e dagli assaggi proposti, abbiamo pensato di approfondire il discorso iniziato con te e condividerlo anche con chi non era con noi in quel bellissimo sabato di fine ottobre. 

Vuoi presentarti al pubblico di Estplore?

Sono Ferfolja Silvan, apicoltore da circa 25 anni. Lavoro soprattutto per far conoscere i mieli del Carso e per ottimizzare la qualità dei miei prodotti.

Quindi parliamo di apicoltura: per te si tratta di un hobby o di un lavoro?

Fifty-fifty, metà e metà! All’inizio era un hobby ma adesso è diventato un lavoro. Dal momento che sono pensionato mi dedico quasi integralmente a questo settore.

Partiamo da qualche nozione di base allora: di cosa c’è bisogno per diventare apicoltore? Arnie, api, laboratorio, terreni, licenze, haccp ?

DAl punto di vista strutturale ci vogliono, ovviamente, le arnie, la sala di smielatura a norma e una serie di piccoli attrezzi specifici di questo settore. I terreni invece non sono necessari: l’apicoltura è l’unica attività agricola per la quale non serve acquistare o affittare terreni, chiedere il permesso al proprietario del terreno per tenervi le proprie arnie. Tuttavia, più importanti degli elementi materiali sono, secondo me, due requisiti: l’assoluta dedizione e una passione infinita.

L’incontro con Silvano e le sue arnie nella valli del Natisone, a Stregna, in occasione dell’escursione del 31 ottobre (FOTO: Elisa Moretti – diritti riservati)

Quante api/famiglie allevi e di quali varietà? 

Attualmente ho circa un centinaio di famiglie. Lavoro prevalentemente con la varietà autoctona della Ape Carnica, e un ibrido tra ape carnica e ligustica. Lavoro anche con le Buckfast, anch’esse un ibrido, importate anche in Italia da vari apicoltori. Entrambi questi ibridi permettono di avere una maggiore produttività rispetto ad altre varietà.

Quindi l’apicoltore è un…  allevatore a tutti gli effetti?

Certamente un allevatore con migliaia di “capi”.

Come si curano/gestiscono le api?

Le api si gestiscono non pensando solamente ai ricavi e al reddito. Se si lavora bene il reddito arriva da solo. Serve passione, dedizione e tanto lavoro. Importante è anche cercare di informarsi e conoscere il più possibile il mondo dell’apicoltura, non solo tramite internet o social, ma partecipando in prima persona ai vari incontri tematici, seminari, saloni ecc., cercando di ampliare la propria conoscenza e formazione. Anche nell’apicoltura non si smette mai di imparare.

Oltre che di api, in quali altri ambiti devi essere esperto per fare bene il tuo hobby/mestiere?

Un apicoltore deve essere esperto di botanica e deve conoscere bene le varie fioriture, conoscere il territorio nel quale opera e in più deve essere in grado di riconoscere lo stato di salute delle api, studiando le varie malattie che possono colpire un alveare. 

Fare l’apicoltore è decisamente un’attività multidisciplinare! Le tue arnie si trovano sul Carso e nelle Valli del Natisone: come hai scelto dove posizionarle?

Il Carso è stato una scelta legata alla “territorialità“: volevo un prodotto tipico del territorio dove vivo e che ho nel cuore, un luogo incontaminato ricco di fioriture molto pregiate, come la marasca e la marruca e ovviamente le essenze erbacee della landa carsica le cui fioriture danno un millefiori unico.
La scelta di portare le api nelle Valli del Natisone, invece, è stata dettata sia da una maggiore redditività, perché si  produce molto di più, sia dalla volontà di avere varietà di miele diverse, grazie alla presenza di tigli, castagni e aceri, ma anche fioriture erbacee diverse da quelle Crasiche per un millefiori molto particolare.

In poche parole e per sommi capi puoi raccontarci le fasi della produzione di miele?

Il tutto parte da un’attenta e scrupolosa lavorazione in campo, con l’accudimento delle famiglie, l’attenzione alle sciamature e un costante controllo dello stato di salute delle api.
Successivamente si passa alla fase produttiva vera e propria, che si avvia con la levata dei melari dalle arnie ( il melario è una cassetta senza fondo né coperchio i cui lati hanno le stesse dimensioni dell’arnia, e la cui funzione è incrementarne la capacità dell’arnia). I melari vengono poi portati nel laboratorio per la smielatura, che prevede diversi passaggi, primo la deumidificazione, poi l’eliminazione degli opercoli dai favi, e infine la centrifugazione, operata nello smielatore.
Il miele viene poi stoccato in fusti di inox per alimenti per la fase di decantazione, che dura all’incirca una quindicina di giorni, in modo che tutte le impurità vengano a galla. Passato questo tempo si procede ad una pulizia sommaria del miele che poi viene confezionato in vasetti. Dopo l’ettichettatura il miele è pronto per essere venduto. 

Le diverse varietà di mieli di Silvano Ferfolja (FOTO: Archivio Silvan Ferfolja)

Qual è l’elemento che consideri più importante per avere un miele di qualità?

L’elemento più importante per produrre mieli di qualità è sicuramente la “purezza”, almeno per quanto riguarda i mieli uniflorali. Più sono puri, cioè contengono solamente un tipo di essenza e meno sono “inquinati” dalla presenza di altre fioriture e meglio è. Discorso a parte vale per il Millefiori, per definizione un miele molto diversificato nelle essenze da cui vieneprodotto, estremamente variabile nel gusto, con sentori che cambiano da stagione a stagione e da territorio a territorio. Per questo miele penso che il territorio determini la qualità in modo maggiore rispetto ad altri fattori.

Quanti tipi di miele produci e quale è il tuo preferito, e perché?

In assoluto il mio miele preferito e al quale sono più legato è il miele di Millefiori perché rappresenta il territorio e perciò si porta con sè tutti i profumi, i sapori e l’essenza stessa della terra dove viene prodotto. Per quanto riguarda la restante produzione, attualmente produco circa una decina di altre varietà.

I prodotti di Silvano Ferfolja (FOTO: Saimon Ferfolja – diritti riservati)

Solo di recente, le api e tutti gli impollinatori sono finalmente riconosciuti come fondamentali nella conservazione della vita, ma sono a rischio.
Cosa ne pensi? Qual è la tua esperienza diretta rispetto alla loro presenza? Quale può essere il contributo di un apicoltore nel preservarli?

Quando il genere umano mette il suo zampino altera gli equilibri delle cose, producendo spesso danni. Cosa possiamo fare noi apicoltori? “Solo” il nostro lavoro: accudire le api al meglio delle nostre capacità cercando di assecondare le loro esigenze.
Io per esempio evito di portare le api nei territori dove c’è una presenza rilevante di pesticidi o di sostanze che possono avere degli impatti negativi sulla loro salute. Mi impegno a preservare il loro stato di salute anche a discapito di una parte del reddito.

Le favole, e non solo, ci parlano di un’attrazione fatale tra l’orso e il miele.
La nostra Regione è stata più volte teatro delle scorribande di questi plantigradi, che si sono distinti per essere… piuttosto golosi.
La questione ci fa sorridere, ma ovviamente sappiamo che il rovescio della medaglia sono i danni economici (ed emotivi!) ad un’attività di nicchia, in cui si investe denaro, energie e passione.
Vuoi raccontarci il punto di vista di un apicoltore?

L’orso è parte della natura e semplicemente fa il suo “lavoro”. Magari fa dei danni, ma… quanti danni potrà mai fare? Potrà distruggere qualche arnia ma nulla più… personalmente non mi è mai successo, anche se so di qualche collega che ha subito dei danni. Tuttavia, credo che sia stato risarcito, e abbia ricevuto incentivi per mettere in sicurezza le arnie con i “pastori elettrici”.
Penso che l’orso sia un problema marginale, che fa parte dei rischi del mestiere

Tenuto conto, quindi, di tutto quello che ci hai raccontato, nel territorio che conosci c’è ancora posto per chi volesse intraprendere questa professione? A quali condizioni?

Purtroppo dal mio punto di vista- il punto di vista di una persona anche testarda se volete- a questo mondo si sono avvicinate troppe persone che in esso vedevano solamente una fonte di guadagno. Intraprendere questo lavoro ragionando solamente sul potenziale introito in relazione al numero di arnie possedute, non è, secondo me, un modo corretto di fare apicoltura.
Spazio per intraprendere questa professione c’è sicuramente, ma solamente per le persone che hanno voglia di fare un’apicoltura seria e razionale.

Vorremmo salutarti con il migliore augurio possibile: di trovare il modo di realizzare un sogno che tieni nel cassetto (e se hai piacere, di condividerlo con noi, ne saremmo felici!)

Nella mia vita ho avuto già tante soddisfazioni e direi che va bene così!

GRAZIE del tuo racconto, Silvan!