Ma quale Spedizione d’Egitto!*

Giobatta Belzoni, al secolo Giovanni Battista Bolzon (1778-1823) è un fenomeno, fisico e intellettuale.

Altissimo e fortissimo, impiega la sua prestanza come “Sansone patagonico” e come costruttore di giochi d’acqua per i circhi londinesi, ma nel suo passato ci sono già gli studi di meccanica idraulica, e un apprendistato mal digerito come barbiere nella bottega del padre. Padova, città di origine, gli è sempre stata stretta e quindi presto opta per Roma, Parigi, l’Olanda e infine per la capitale inglese, dove sposa una donna della sua stessa tempra, e si impegna in diverse tournee teatrali che lo portano in giro per l’Europa*.

L’incontro fatale – quello destinato a trasformarlo per sempre in un uomo d’avventure – avviene in Spagna con un emissario del pascià d’Egitto, e lo porta al Cairo (e c’entra sempre l’acqua): qualche affare storto, ma soprattutto alcune imprese temerarie ben riuscite lo portano a conquistarsi il rispetto dei diplomatici europei* presenti nella capitale, che da subito riconoscono per i suoi “great talents and uncommon genius for mechanics” (Mr Salt, console inglese)

Ben presto gli vengono commissionati trasporti eccezionali e affidate missioni di sempre maggior rischio tecnico, logistico e diplomatico: è da poco terminata la Campagna napoleonica in Egitto, che aveva appena lambito i margini di una cultura rimasta (letteralmente!) sepolta per secoli, e un intero scrigno di presunti tesori di inimmaginabile valore e di imprecisato volume stava nascosto da qualche parte sotto la sabbia, tra infiniti deserti, comunità indigene sospettose, trafficanti loschi e agguerritissimi, manodopera che non rispondeva alle logiche di lavoro europee né all’uso del denaro.

Eppure egli possiede “l’arte di accattivarsi l’affetto degli arabi”, la capacità di “chiedere con audacia e di esigere con ostinazione” e diventa – solo per far qualche esempio –  il primo uomo a liberare il tempio di Abu Simbel dalle sabbie, a perlustrare la tomba di Sethi I nella Valle dei re, a individuare l’ingresso della piramide di Chefren, ritenuta fino ai suoi studi, un rompicapo senza soluzione da risolvere a suon di dinamite.

E’esploratore instancabile, documentarista eccezionale e abile collezionista, assetato di scoperte e geloso dei suoi successi, spesso impropriamente rubati da altri che si attribuiscono le sue eccezionali
scoperte, frutto di intuito, studio, fortuna e di una straordinaria caparbietà.

Egli faceva parte di quella categoria di uomini per i quali l’avventura era una libera scelta, non un rifugio o una costrizione.
“Belzoni era nato viaggiatore come altri nascono poeti, ingegneri o astronomi” scrisse di lui Bernard Depping, letterato e traduttore dei suoi diari in francese.

Rischia più volte di morire di caldo, di sete, di fame, di orrore, sotterrato e ucciso, ma l’aver risolto inestricabili enigmi e rompicapi per forzare tombe, tempi e piramidi, esser stato uno dei primi uomini a far riemergere l’antica civiltà egizia dall’oblio, l’aver strisciato in cunicoli di tombe invase dai miasmi di mummificazioni in corso da millenni lo hanno solo
reso più determinato a comparire tra i personaggi memorabili del suo tempo.

Malgrado tutto, la sua figura e i suoi traguardi sono poco noti, anche se il suo personaggio è stato scelto niente meno che da George Lucas per ispirare quello di Indiana Jones… realtà vs fantasia, dove la fama ancora una volta è stata scippata all’incredibile Padovano, stavolta da un eroe inesistente.

Pazzesco no?

Photo by Nour Wageh on Unsplash

Se il personaggio di Belzoni vi garba, esistono i suoi cospicui diari (“Viaggi in Egitto e Nubia” ed. Geodia), da cui provengono le citazioni, gli scritti di sua moglie Sarah e una mostra a Padova, fino ad aprile 2020.

*mica hanno scoperto tutto i Francesi di Champollion!

**chiedo venia per il termine moderno, a beneficio della
comodità di scrittura

Foto di copertina: dettaglio della mostra “L’Egitto di Belzoni” – S. Famiani – diritti riservati